Fondazione Pangea lavora con le donne mica per altro: se a tutte loro fosse data un’occasione, questo nostro mondo sarebbe davvero un posto migliore.
Anche se le donne subiscono ovunque abusi e discriminazione e i loro diritti sono sistematicamente negati, rappresentano di fatto una delle più grandi risorse sul pianeta per creare sviluppo e benessere. Sono loro le nostre eroine.
Con la forza quotidiana di non arrendersi ci hanno insegnato una cosa fondamentale per la quale non smetteremo mai di ringraziarle: che la parola “impossibile” non ha senso. L’abbiamo cancellata dai nostri vocabolari.
Vorrei che anche voi la cancellaste ed è per questo che ho scelto di parlarvi delle “nostre” ragazze di Calcutta: per loro la salita verso la vetta del possibile è un pochino più ripida che per altri. Ecco perché.
Casa Pangea a Calcutta ha i muri gialli ed è un tocco di gioia in questa città grigia.
Aspetto le ragazze che vengono per frequentare il corso di sartoria seduto sui gradini e le vedo spuntare da dietro l’angolo che ci divide dalla via principale: zoppicano a causa della poliomielite o sono accompagnate dalla sorella perché cieche. Salutano con il linguaggio dei segni perché sordomute o hanno il corpo offeso da eventi ustionanti, ma avvolte nei sari più belli, tutte, sorridono.
Sembrano felici: qui a Casa Pangea hanno modo di trovare chi dà loro gli strumenti per potersi lasciare alle spalle un destino infame. Possono finalmente far valere i propri diritti, ricevere gratuitamente assistenza sanitaria, frequentare corsi di formazione professionale, ricevere un microcredito, ottenendo così indipendenza economica e riscatto sociale.
Ma ciò che mi sembra le renda più felici è il fatto che siano tra amiche in un luogo dove non devono difendersi dalle maldicenze e dalle violenze.
Noto che una di loro ha delle escoriazioni e mi preoccupo. Per venire a Casa Pangea ha dovuto prendere un autobus: con la poliomielite che le affligge entrambe le gambe non è cosa sem- plice. Una donna l’ha urtata e lei è caduta. Ha protestato, ma la signora le ha risposto che la colpa era sua: con le stampelle era troppo ingombrante e in quanto disabile, avrebbe dovuto starsene a casa! La mia amica si è ribellata: «Io avrò anche le stampelle, ma tu sei cieca!», le ha risposto.
E’ sempre lei che mi racconta che ha subito violenze anche sessuali sin da piccolissima.
Segregata in 4 metri quadrati di casa, senza poter mai uscire perché considerata frutto del malocchio o dei troppi peccati di sua madre, ora che ha trovato a Casa Pangea delle amiche che l’hanno aiutata a credere in se stessa, ora che sta imparando un lavoro e presto potrà aprire la sua sartoria grazie ad un prestito che Pangea le darà, non sarà uno stupido autobus e i suoi occupanti a fermarla.
Le osservo tutte restando in silenzio. Mi angoscia seperle derise, insultate, gettate via. Ma proprio ora che tutto questo mi passa per la testa sono loro che, inaspettatamente, intonano una canzone ritmandola su un tavolo di plastica riportando il sorriso sul mio volto.
Sono presidente di Fondazione Pangea e dovrei sapere quanto è importante il lavoro che facciamo, ma talvolta sono i momenti come questi che rendono vera ogni cosa e questo fa bene al cuore. I muri della facciata di Casa Pangea sono gialli e, credetemi, è in questo luogo che s’incontrano i veri super eroi!
(Contributo tratto dall'introduzione al Calendario di MRS: Tira fuori l'eroina che c'è in te!)