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Non è niente di esaltante, ma si lascia guardare. Si potrebbero sintetizzare così le prime due stagioni di One Day at a Time (Giorno per giorno), la commedia a episodi prodotta da Netflix ispirandosi alla serie - con il medesimo titolo - trasmessa sulla CBS dal 1975 al 1984.
Nel lavoro originale, la protagonista (Bonnie Franklin) era una madre divorziata alle prese con due adolescenti; nell’edizione “contemporanea” le vicende al centro della narrazione sono quelle di un’altra mamma divorziata, Penelope, di origini cubane, con un passato da veterana di un corpo speciale dell’esercito e un presente come infermiera di uno studio medico.
La serie è leggera, diverte e quasi fa tenerezza nel suo imporsi come volutamente antica: risate registrate, dinamiche semplicistiche, qualche luogo comune di troppo sugli ispanici. Nulla per cui gridare o indignarsi, per carità, ma nemmeno una virata decisa verso una tipologia di comedy che non sembri scritta nel 1997.
Va ammesso che One Day at a Time riesce a riflettere con eleganza - e una certa abilità - su temi come i disturbi mentali dei militari al ritorno dalla guerra, o l’omosessualità affrontata da una latina - Elena (Isabella Gomez), la figlia maggiore di Penelope, fa coming out nel corso della prima stagione. Non è roba da poco.
E per i cinefili, be’, la presenza dell’icona Rita Moreno - premio Oscar per West Side Story e già interprete per Mike Nichols, Henry Hathaway e Richard Lester - rappresenta di sicuro un elemento a favore. Nei panni della abuelita Lydia è strepitosa: vederla all’opera, anche nel peggiore dei film, è sempre bello.