«Se l’ha fatto lei posso farlo anch’io». Alzi la mano chi non ha mai pronunciato – o sentito pronunciare – questa frase.
Instagram ha rivoluzionato il modo di bloggare e fare videoonline battendo, per praticità e immediatezza, molte delle piattaforme web nate a questo scopo.
Del resto, basta poco: uno smartphone connesso a internet e via! Tutte star improvvisate nella magica rete delle opportunità, dove il Paese delle Meraviglie e dei Balocchi si fondono e danno vita a una dimensione esclusiva. Virtuale e poco virtuosa, forse, ma in cui i più aspirano a entrare.
È la guerra dei like sul fronte della celebrità aperta a chiunque, dove tutti sfoderano le proprie armi per essere notati, senza per questo mostrare un vero interesse a notare a loro volta. Un collage di giovanissime perennemente imbronciate, filtrate all’ennesima potenza che sfilano per le vie cittadine in pose prese a prestito alle dive del cinema. Mancate stelle hollywoodiane alle quali non sfugge un difetto in chi sulle passerelle più “in” ci ha sfilato per davvero… ma guai a evidenziare i loro, di difetti! Farebbero apparire un nuovo girone dell’Inferno.
Il nocciolo della questione non è quello di arrivare ad accendere un mutuo per potersi permettere una bottiglietta d’acqua, bensì quello di criticare. Non importa chi: purché abbia raggiunto delle vette inaccessibili ai comuni mortali.
Siamo increduli di fronte ai tagli sulle tele di Lucio Fontana non per l’innovazione artistica, ma perché qualcuno ha anticipato un pensiero che prima o poi sarebbe venuto a noi. Del resto, viviamo nell’era del digitale, baby, è easy!

Dimostrare anche le nostre di capacità, agli altri prima che a noi stessi, è quasi diventato un imperativo categorico. Condividere le nostre opinioni su questo e quel prodotto ci fa sentire parte di qualcosa, oltre che pronti a influenzare il globo con lo stesso virus che per primo ha contagiato noi.
Chiara Ferragni e i suoi post, Christo e la sua passerella, Rupi Kaur e le sue poesie, sono solo arrivati nel posto giusto con l’idea giusta. Siamo noi ad avere sbagliato il momento.