In questi anni stiamo assistendo a un lento risveglio delle donne saudite. Segregate, discriminate dalla legge religiosa che vige nel regno, stanno dimostrando di voler rialzare la testa e conquistare pari diritti di cittadinanza. La protesta è sia individuale che collettiva. Protesta individuale, fatta di piccoli gesti, come quella di Manal Al Sharif, di Khobar: ha guidato un’auto e si è ripresa con il videofonino, poi ha postato il filmato su Internet. Manco a dirlo è stata arrestata: in Arabia Saudita alle donne è proibito anche guidare. Ora, però, sta diventando un simbolo. E per il prossimo 17 giugno (il 17 sta diventando un numero ricorrente nelle proteste della “Primavera Araba”), a Khobar è prevista una protesta, fatta di piccoli/grandi atti di disobbedienza civile.
Il fenomeno più grande che coinvolge le donne del regno, finora, è però elettorale.
A settembre si voterà per il rinnovo dei consigli municipali. Le donne sono escluse, ovviamente. Mesi fa, la stampa del regno aveva ventilato l’ipotesi che re Abdullah, questa volta, le avrebbe fatte andare alle urne. Ma ancora una volta
9 milioni di saudite dovranno rimanere a casa. Il motivo? Siccome donne e uomini non possono coesistere nello stesso ambiente, le autorità affermano di aver difficoltà a predisporre seggi appositi per sole donne. E però…
adesso che si aprono gli uffici per la registrazione, quelle che si presentano sono soprattutto suddite di sesso femminile. Che
chiedono e vogliono registrarsi come elettrici. E’ un’altra forma di protesta, pacifica ma dilagante, lanciata sempre su Internet con il nome di
“Baladi”, che vuol dire “il mio Paese”. E’ un atto di patriottismo e, allo stesso tempo, di voglia di emancipazione. “Attraverso questa pressione stiamo cercando di modificare la decisione del governo di escludere le donne dal voto, sostenendo che la ragione che hanno dato non è convincente – ha dichiarato Nailah Attar, una delle organizzatrici della campagna –. Continueremo a provare finché non ci fermeranno”.