L’orologio corre e ogni minuto che passa avvicina una donna iraniana di 43 anni, madre di due ragazzi, Sakineh Mohammadi Ashtiani, alla fine terribile a cui è stata condannata: la lapidazione. Nel maggio del 2006 la Ashtiani era stata accusata di aver avuto rapporti sessuali extramatrimoniali con due uomini. Dopo un processo tutt’altro che equo era stata condannata per adulterio a 99 frustate. Ma, come se non bastasse, il suo supplizio non è finito lì. Incarcerata è stata anche condannata a morte per lapidazione, la pena prevista dalla legge coranica per l’adulterio di cui era rea confessa. “Confessa” solo dal punto di vista del giudice locale, perché successivamente la donna ha ritrattato la sua confessione, affermando che le era stata estorta con la forza.
La comunità internazionale si sta interessando al caso soprattutto in questi giorni. I figli di Sakineh hanno lanciato un appello pubblico il 2 luglio: “Per favore aiutateci a porre termine a questo incubo e a non farlo diventare realtà. Spiegare i minuti e i secondi delle nostre vite è molto difficile. Le parole perdono il loro significato in questi momenti di agonia. Aiutateci a salvare nostra madre”.
Gli Stati Uniti hanno protestato lunedì con le autorità iraniane. L’Ue si è aggiunta con un appello della commissaria Catherine Ashton (Politica Estera e di Sicurezza Comune) a Teheran: “Chiedo all’Iran di sospendere queste esecuzioni (altri due uomini attendono l’impiccagione, ndr) e di convertirle in pene carcerarie”. La Ashton ha anche definito la lapidazione “un metodo di esecuzione particolarmente crudele che è da considerarsi una forma di tortura”. Una donna lapidata viene sepolta fino al collo e colpita con pietre non più grandi di un pugno, così da prolungarne l’agonia. Chi riesce a liberarsi e uscire dalla propria buca può essere graziato o veder la sua pena convertita ad anni di carcere. Ma solo un maschio può riuscire a salvarsi in questo modo: un uomo condannato alla lapidazione, infatti, viene sepolto fino al petto e ha maggior possibilità di muoversi. Un condannato è riuscito a scappare nel dicembre nel 2008. Nessuna donna ce l’ha fatta, invece: sepolte fino al collo, le donne hanno possibilità praticamente nulle di salvarsi.