Il cruccio di tutte le madri che si rispettino è: “Chi mai educherà i miei figli?”. Quando chi scrive era piccolo, non si poteva neppure scegliere in quale scuola pubblica andare: dipendeva dalla posizione della propria casa. Chi aveva la sfortuna di finire vicino a una scuola di teppisti, doveva per forza rassegnarsi e andare in una classe di ragazzini starnazzanti, fra un banco lanciato dalla finestra e una ragazzina tredicenne già incinta. “E’ la scuola della vita” ti dicevano i duri di turno, per giustificare l’impossibilità di scegliere l’educazione propria e dei figli.
Adesso le cose sono un po’ cambiate. C’è maggiore possibilità di optare per una scuola pubblica non della propria zona, oltre ad avere maggiori chance di scegliere una scuola privata. Ma non abbiamo ancora libertà di educazione. “Hey! Teachers! Leave them kids alone!” cantavano i Pink Floyd. E alla strofa si è ispirato Sheldon Richman, direttore del giornale “The Freeman” per lanciare il più duro attacco contemporaneo contro la scuola burocratizzata statale. “I bambini spendono troppo tempo in quello che è un vero ambiente autoritario: la classe”. La valutazione del loro lavoro non valorizza la loro individualità, perché la gerarchia scolastica risponde allo Stato e non al consumatore (il bambino stesso e la famiglia). Invece, come scrive Richman: “I fornitori dei servizi scolastici (devono essere necessariamente scuole?) dovrebbero essere responsabili non di fronte a burocrati, ma ai genitori e ai loro bambini”.
E dunque? Libera scuola in libera società. “Quando a gestire l’istruzione saranno imprenditori dell’educazione, preoccupati soprattutto di soddisfare i loro clienti (attuali e potenziali) che spendono i loro soldi, l’inibizione politica sparirà, o per lo meno inizierà a sparire; la creatività sarà sprigionata e l’individualità dei bambini verrà maggiormente rispettata”. Perché? Il privato ha la bacchetta magica? No, assolutamente no. Semplicemente ci sarebbe più competizione. "Secondo l’economista Friedrich A. von Hayek, la competizione è un procedimento di scoperta. Finché vi sarà un monopolio politico sull’istruzione, non potremmo mai scoprire cosa ci stiamo perdendo”.