Le donne sono l’anima della rivolta egiziana. La presenza femminile in piazza Tahrir, dove si sta facendo la storia, è sempre più massiccia e attiva. Ed è già una rivoluzione: fino a poche settimane fa era inconcepibile che le famiglie le lasciassero uscire di casa per partecipare a una manifestazione anti-governativa. Soprattutto considerando che
il dissenso, in Egitto, è punito, come minimo, col carcere. “Le donne sono molto dinamiche” - dichiara un anonimo oppositore a Radio Free Europe - “hanno rivestito la nostra protesta di una dimensione etica. E hanno fatto di tutto per renderla pacifica. Ora abbiamo visto tutti le immagini di ragazze ferite negli scontri”. “
E’ la prima volta nella mia vita che possono scendere in strada senza essere molestata in alcun modo” - dice Samer Osman, una ragazza che ha partecipato alle manifestazioni - “E’ stata una settimana perfetta. Praticamente un’utopia. Nei giorni della protesta nessun uomo mi ha guardata come un oggetto del desiderio sessuale. Anzi, i maschi sono stati molto protettivi nei nostri confronti”. Queste parole già dicono tutto sul perché le donne siano naturalmente spinte a fare la rivoluzione, culturale oltre che politica. Il rischio vale la candela: oggi chiedono più libertà. Alle loro spalle non hanno nulla da perdere. Finora il regime di Mubarak, salvo qualche piccola riforma nel 2004 e nel 2008, non ha fatto altro che garantire la loro tradizionale discriminazione.
L’Egitto non è sempre stato così duro nei confronti del sesso debole. Il clima di grande apertura internazionale negli anni del protettorato britannico (1882-1952) e poi la parentesi laica del presidente/dittatore Nasser (1952-1970) avevano contribuito a modernizzare la società tradizionale.
Fino agli anni ‘70, almeno nelle grandi città (Il Cairo e Alessandria), era persino raro vedere donne con il velo islamico. La svolta, in peggio, è iniziata con il presidente Sadat (1970-1981). Il quale, per rappacificare l’opposizione dei Fratelli Musulmani, ha emendato la Costituzione nel 1980: da allora la Legge Coranica è la principale fonte del legislatore. La riforma non ha convinto gli integralisti, che appena un anno dopo hanno ucciso Sadat. In compenso, è servita a riportare la società egiziana indietro di secoli.
Le donne hanno meno diritti in tutti i campi. Fino al 2004 non potevano diventare magistrati. Tuttora, però, la loro presenza negli organi giudiziari è oggetto di un feroce dibattito e la loro carriera è ostacolata da una serie di barriere sociali e legali. Solo dal 2004, grazie alla nuova legge sulla nazionalità, le egiziane che sposano uno straniero possono trasmettere il diritto di cittadinanza ai loro figli. Ma comunque, la legge proibisce ancora, a chi è nato dopo il 2004 da padre straniero, di entrare nell’esercito, nella polizia e di ricoprire molti ruoli governativi. L’adulterio è ancora reato. Ma non tutti possono essere giudicati colpevoli allo stesso modo. L’articolo 277 del codice penale egiziano prevede pene più leggere per un adulterio commesso da un maschio rispetto a quello di una femmina. Un uomo può essere condannato solo se lo commette a casa sua. Una donna può sempre essere dichiarata colpevole, indipendentemente dal luogo del reato. Peggio ancora, l’articolo 17 permette al giudice di ridurre la pena a un uomo colpevole di omicidio, se il delitto è considerato “di onore”, quando la vittima è una donna che potrebbe averlo tradito. In caso di processo, nel diritto familiare una testimonianza vale la metà se è pronunciata da bocca femminile. Occorrono due donne per contrastare un testimone maschio. Sempre secondo le norme tradizionali, una musulmana non può sposare un non-musulmano. Anche se, nei ceti più abbienti, questo uso viene spesso disatteso, di norma un uomo può sposare chi vuole, indipendentemente dalla religione della fidanzata, una donna no. Per i fidanzati che non hanno voglia (né la possibilità) di celebrare le costose nozze tradizionali, esiste un matrimonio informale, “urfi”, che legittima la coppia di fatto. Ma non ha nulla a che vedere con i Dico o i Pacs proposti in Italia: l’urfi discrimina la donna. Il marito informale, infatti, non è responsabile del benessere economico della moglie e, in caso di separazione, non deve pagarle gli alimenti, né provvedere al sostentamento dei bambini. Se il marito distrugge o nasconde il contratto del matrimonio “urfi”, la donna non può divorziare, né può risposarsi. Se lo fa, può essere processata e condannata per bigamia. Anche nei matrimoni formali, il marito ha la possibilità di divorziare quando vuole: deve solo pronunciare la frase “io ti ripudio” per tre volte, negli anni 2000 anche via sms. Una donna, invece, deve rivolgersi al giudice per iniziare lente e difficili cause di divorzio.
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Uscire dal Paese non è una scelta facile. Fino al 2000 il passaporto era concesso loro solo dietro il permesso ufficiali di un maschio di casa (padre o fratello). Dal 2000 lo possono ottenere al pari dei maschi. Ma la tradizione è dura a morire e per un’egiziana, specie se non vive nelle grandi città, emigrare e viaggiare è comunque molto difficile.
Nessuna legge proibisce esplicitamente la violenza sessuale domestica. L’articolo 60 del codice penale riduce la pena per atti di violenza commessi “in buona fede”, cioè volti a far rispettare la legge coranica. La quale permette di “disciplinare” le donne “disobbedienti”. Col risultato che, secondo l’ultimo report sulla violenza domestica (2008), risultava che il 46,1% delle egiziane e il 52,3% avesse subito vari gradi di abusi, dallo stalking allo stupro.
Nel 2006 e nel 2008, in entrambi i casi in occasione della festa di Eid el Fitr (fine del Ramadan), ci sono stati veri e propri pogrom anti-femminili: donne assaltate e stuprate per strada da branchi di uomini. Nel primo caso la polizia non è nemmeno intervenuta. Nel 2008, invece, temendo pubblicità negativa, il governo ha usato un tardivo pugno duro contro i pogromisti.
Last but not least: l’Egitto è il Paese in cui sono più frequenti le mutilazioni genitali femminili (Fgm). La percentuale delle poverette che hanno subito il trauma dell’infibulazione è a dir poco impressionante: 95,8%. Nel 2008, dopo la morte di una ragazzina, le mutilazioni delle labbra vaginali e del clitoride sono state proibite dalla legge. Ma ancora nel 2010, una tredicenne è morta dopo un’infibulazione. Il che vuol dire che il divieto viene molto spesso aggirato.
Ecco perché, in queste settimane, le donne scendono in piazza e vogliono la rivoluzione. Ma se alla fine dovessero vincere i Fratelli Musulmani?