La cucina giapponese fonda le proprie basi su una raffinata estetica legata sia al cibo sia al modo di servirlo, tanto da scaturire spesso in un minimalismo quasi ostentato. Ecco che allora l’abbinamento del vino diventa una forma artistica, tesa a creare un equilibrio non solo gustativo ma anche visivo. Diventa quindi importante fare la scelta più corretta anche su questo versante, per non vanificare tutto il lavoro impiegato nella composizione del piatto.

Principalmente formata
da cibi cotti in modo rapido ed essenziale, quasi in contrasto con la cultura culinaria italiana, la cucina giapponese fa abbondante uso di
ingredienti crudi. Questo per rispettarne i sapori e le proprietà organolettiche. I tipi di cottura preferiti sono quelli alla
griglia, al
vapore e la
bollitura, con
qualche accenno di frittura (la famosa
tempura), che rimane però leggera, friabile e croccante. Sono
tutte pietanze facilmente digeribili, con alla base riso, derivati della soia, pesce, crostacei, frutti di mare, alghe, rigorosamente accompagnate da
wasabi, una pasta verde dal sapore pungente prodotta con la radice di una pianta simile al rafano. Da non dimenticare anche l’uso di
sesamo, zenzero, daikon e le numerose zuppe proposte in varie combinazioni.
Collante dei vari ingredienti, rimane comunque l’armonia e il contrasto dei sapori, giocati insieme con l’obiettivo di formare una vera e propria esperienza sensoriale a 360 gradi.
Tornando in ambito enologico, non bisogna dimenticare il sakè, bevanda alcolica ottenuta dalla fermentazione del riso, con un volume di circa 18%, adibita sia a bevanda, sia a ingrediente nella preparazione di zuppe, sushi, pesce e carne. Se è vero che i giapponesi bevono principalmente brodo durante i pasti, ultimamente ha invece preso piede l’usanza di accompagnare le pietanze con del tè, sakè o eventualmente birra.
Ma quale vino abbinare per chi non vuole rinunciare al frutto di Bacco?

Per quanto riguarda
sushi e sashimi, serviti con salsa di soia, è consigliabile optare per
un vino di buona acidità, come ad esempio un
Sauvignon Blanc. È proprio la freschezza, infatti, la sua nota caratteristica, con profumi prevalentemente erbacei e vegetali, ma che toccano anche quelli più delicati della frutta (spesso esotica), con qualche accenno di floreale. Altra categoria di vini facilmente abbinabili alla cucina giapponese, è senza dubbio quella degli
spumanti metodo classico. Ottenuti principalmente da uve Chardonnay (un buon
Franciacorta Satèn sarebbe l’ideale), in bocca
equilibrano la grassezza e la tendenza dolce tipica del pesce crudo, grazie al loro gusto vellutato, e a una spuma setosa che accarezza delicatamente il palato. Oppure, perché no, un
Riesling, di spiccata acidità, delicatamente fruttato e di carattere, apprezzato proprio per la sua
straordinaria eleganza e la sua classe. O un
Kerner dell’Alto Adige, dal sapore aromatico e con buona acidità. Ma anche un vino bianco fresco e di media struttura come un
Gavi o un
Vermentino di Gallura. Se alla salsa di soia si è aggiunto anche il wasabi, è preferibile ricadere su un vino più persistente, ottenuto da uve aromatiche, come un Gewürztraminer o un Moscato Bianco.
Se invece non siete dei grandi fan del vino bianco e preferite un rosato, senza dubbio il vino consigliato è un Bardolino Chiaretto, fruttato, delicato con sentore di fiori di pesco e in bocca fresco, asciutto, sapido e vivace.
A questo punto inforcate le bacchette, alzate i calici e… Buon Appetito!